Harley-Davidson Forty-Eight

Le H-D, si sa, infiammano l’animo di appassionati e detrattori come solo una accesa discussione a tre sulla formazione della nazionale ai mondiali sa fare, con sedie e sane raffiche di paterni ceffoni che volano che ĆØ un piacere.

Sterili fondamentalismi a parte, gli americani sono maestri nel rendere scenografiche le loro cavalcature, con gli splendidi motori veri protagonisti e parti integranti dell’estetica. Il cambio ĆØ godurioso da azionare, ma la frizione durissima ĆØ praticamente un abbonamento ad una tendinite da primato.

I freni sono degli interruttori, acceso o spento, ogni sensibilitĆ  fra i due estremi semplicemente inesistente.

Ostentazione e sfacciataggine resa metallo, il ruggito del motore, vero pezzo forte, ad ogni sgasata vi aprirĆ  la via come MosĆØ col Mar Rosso, con auto e pedoni che si leveranno di torno, volatilizzandosi atterriti.

Diabolicamente soddisfacente.

Mi aspettavo una erogazione brusca e ignorante, un vero calcio nella schiena, invece ĆØ, a sorpresa, molto dolce e progressivo e pieno di ā€œgood vibrationsā€.

Perfetta per le passeggiate, come nostra tradizione perĆ² portiamo volutamente le moto fuori dalla loro zona di comfort, tirando loro il collo senza riguardi.

In tal caso metterĆ  subito in chiaro che lei ĆØ l’alpha, voi il beta, lei conduce e voi seguite, punto.

Provate ad imporgli la vostra volontĆ  con la forza bruta e vi ripagherĆ , in curva e frenata, con attimi di tensione che solo il ricevere una grossa busta verde di Equitalia sa regalare.

Vi ho avvertiti, non scherzate col metallo americano.

 

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